La paura del buio
Dott.ssa Mariarosaria Gilio
Il neonato, che non è ancora abituato alla luce, vive la notte in maniera indifferenziata rispetto al giorno e se piange lo fa come reazione ad altri stimoli allarmanti.
E’ con l’evoluzione mentale del bambino, invece, che compaiono nuove forme di paura: il bambino diventa, infatti, capace di cogliere particolari che prima non notava e che ora possono indurre paura.
La paura è una sensazione che crea disagio in tutti, ma è nei bambini che si manifesta più frequentemente e con maggiore intensità.
Con la crescita, se il bambino riesce a strutturare un Io autonomo e a fare proprie le certezze delle sue figure di attaccamento, le paure possono ridimensionarsi ed evolversi, al contrario diventano fobie o stati ansiosi.
Nelle esperienze nuove e poco familiari, quando vengono meno il controllo e la prevedibilità degli eventi, il bambino può sentirsi disorientato.
Se da un lato c’è il bisogno di esplorare e conoscere, dall’altro questa esigenza, che comporta necessariamente l’abbandono di ciò che è sicuro e l’esposizione a pericoli, induce l’insorgere di paure come quella per l’ignoto.
Nel buio, soprattutto tra i due e i sei anni, gli stimoli diventano ambigui e orientarsi appare più difficile.
L’assenza di luce e di riferimenti percettivi precisi, aumenta l’attività della fantasia e la realtà si mescola all’immaginazione rendendo la notte inquietante. Il buio si popola di “mostri” e anche gli oggetti più innocui, un piccolo rumore o un’ombra diventano minacciosi.
Il bambino, inoltre, che si sveglia in piena notte dopo un brutto sogno, fa anche l’esperienza del trovarsi solo senza difese e così la paura del buio si associa a quella per la separazione dalle figure di accudimento e andare a dormire diventa sempre più difficile.
Il bambino, in seguito a tale esperienza, avverte che in assenza delle sue figure protettive, i pericoli aumentano così come lo stress che ne deriva.
Grazie al contenimento affettivo, allo sviluppo di abilità motorie e linguistiche che favoriscono l’autonomia e ad una più precisa nozione del tempo, il bambino può rendersi conto della temporaneità dell’allontanamento delle persone care e tollerarne così la separazione che non appare più come fonte di ansia.
Se questo non avviene, la paura del buio, così come altre paure degli anni prescolari (mostri, temporali, streghe, fantasmi…) può assumere un valore metaforico, diventare cioè un contenitore di altre paure legate alla percezione della propria vulnerabilità, come quella di perdersi in un luogo sconosciuto o di non risvegliarsi più al mattino.
A partire dal terzo anno di vita l’immaginazione lavora con fervore e si costruisce i suoi scenari e le sue interpretazioni. I bambini si confrontano con nuovi aspetti della realtà finora non considerati come giudizi sgradevoli, litigi degli adulti, malattie, scene viste in tv, l’attesa della punizione per qualche capriccio e quindi anche la sensazione che qualcosa di spiacevole stia per accadere, dando luogo ad allarmi e paure, che originano dal mondo interiore più che dalla vita reale e che possono trovare nel buio una buona collocazione.
Un bambino “arrabbiato” con i genitori può temere la propria aggressività e di notte fare dei brutti sogni (A. Oliviero Ferraris 2007).
Verso i quattro-cinque anni, la paura del buio si complica associandosi ad altri timori come quella dei fantasmi o dei ladri: aspetti che rispecchiano i riferimenti culturali e immaginativi del contesto sociale in cui il bambino vive e che l’oscurità, come già detto, può ingigantire.
Streghe, draghi, o altri mostri diventano ricorrenti e rappresentano i temi universali dell’estraneità, della morte e della violenza che nella fantasia del bambino minacciano la sicurezza personale e familiare.
I racconti degli adulti possono accentuare le paure del bambino e quindi, anche se ad ogni età, ognuno ha una certa disponibilità alla paura, non si può non considerare che l’ambiente in cui il bambino cresce può concorrere al proliferarsi di tutti i timori infantili.
Le figure di accudimento assumono, allora, un ruolo determinante nella crescita del bambino e nel superamento delle sue paure: il bambino meno sicuro dell’affetto dei suoi genitori, è anche quello che ha maggiori difficoltà nel separarsi e nel rendersi autonomo lasciando ampio spazio alle paure.